Pᴇʀᴄʜᴇ́ ʟ’ᴀssᴇɢɴᴏ ᴅɪ ᴍᴀɴᴛᴇɴɪᴍᴇɴᴛᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴇx ᴄᴏɴɪᴜɢᴇ ᴠᴀ ᴘᴀɢᴀᴛᴏ sᴇᴍᴘʀᴇ ᴄᴏɴ ᴘᴜɴᴛᴜᴀʟɪᴛᴀ̀

L’abitudine di pagare in ritardo l’assegno fissato dal Giudice per il mantenimento del coniuge è frequente e costituisce una forma di violenza psicologica non trascurabile soprattutto tenuto conto che le finalità dell’assegno, salvo rari casi, sono quelle di far fronte ad esigenze di vita primarie.

E’ noto che se il coniuge obbligato non provvede al pagamento dell’assegno di mantenimento dell’altro coniuge la Legge prevede la possibilità di richiedere che detto l’obbligo sia posto a carico del terzo debitore (si tratta del datore di lavoro o dell’Ente pensionistico).

La legge parla esattamente di “inadempienza”.

Ma cosa dire di un breve ritardo, ovviamente reiterato? E’ possibile considerarlo inadempimento rilevante per chiedere al Giudice di porre l’obbligo di pagamento a carico del terzo?

Secondo la giurisprudenza (vedi da ultimo Cass. 5604/2020) tale valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del Giudice il quale dovrà valutare le circostanze del caso concreto e decidere se il comportamento dell’obbligato susciti dubbi in relazione alla esattezza ed alla regolarità del futuro adempimento.

Esaminiamo un interessante caso concreto deciso dal Tribunale di Terni con la sentenza del 18.3.2020.

Una signora separata lamentava la corresponsione del mantenimento da parte del marito con alcuni giorni di ritardo: egli avrebbe dovuto pagare esattamente il 20 di ogni mese ed invece aveva corrisposto il mantenimento di gennaio 2019 il 31, quello di febbraio il 4 marzo, quello di aprile il 3.maggio, quello di maggio il 4 giugno, quello di giugno il 2 luglio, quello di luglio il 5 agosto, quello di agosto il 3 settembre. Inoltre, da settembre a dicembre aveva omesso il pagamento sanando però il debito subito dopo la notifica del precetto.

Secondo la valutazione prudenziale di cui sopra si è detto, valutazione che deve tenere conto di tutte le circostanza del caso concreto, il Tribunale si è espresso in questi termini: “il non puntuale adempimento dell’obbligo di mantenimento anche se con pochi giorni di ritardo legittima ove idoneo a determinare fondati dubbi sulla tempestività dei futuri pagamenti, l’emanazione dell’ordine ai terzi in quanto la funzione che adempie l’assegno di mantenimento viene ad essere frustrata anche da semplici ritardi”.

Nel caso esaminato dal Tribunale l’assegno aveva un ammontare di € 300,00. L’ammontare non elevato del mantenimento e la sua vocazione alimentare è stato ulteriore indice di valutazione dell’apprezzamento dell’incertezza derivante dal ritardo.

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COVID-19: DIRITTO AL RIMBORSO VACANZE

Il Decreto cd. “Cura Italia” (D.L. 13.3.2020. n. 18) aveva già previsto e disciplinato il diritto al rimborso dei pacchetti turistico ovvero dei titoli di viaggio nei casi in cui i soggetti acquirenti non possono usufruirne perché in qualche modo direttamente interessati dal contagio (perché ad esempio positivi, ovvero tenuti alla permanenza domiciliare con sorveglianza attiva e/o ricovero).

La Legge n. 27 del 24 aprile 2020 di conversione del Decreto Legge 18/2020 ha oggi introdotto anche specifiche disposizioni in relazione a tutti i soggiorni e viaggi da effettuarsi nel periodo 11 marzo – 30 settembre 2020 in Italia o all’estero. Esattamente il comma 11 dell’art. 88 bis prevede il diritto al rimborso per tutti quei contratti di viaggio con “effetto” in tale periodo (indipendentemente dalla data di sottoscrizione del contratto) a condizione che le prestazioni non siano rese a causa degli effetti derivanti dallo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19.

In entrambi i casi il contratto si scioglie per sopravvenuta impossibilità della prestazione e sono rimborsabili tutti gli acconti versati.

L’operatore turistico che ha incassato l’acconto può emettere a sua scelta, in sostituzione del rimborso, un voucher dello stesso importo valido per un anno dall’emissione.

Le norme di cui all’art. 88 bis della L. 27/2020 vengono definite dalla stessa Legge di “applicazione necessaria”: ciò significa che esse prevalgono sulla eventuale legge straniera regolatrice del contratto.

Nel primo caso dunque il contraente che non può usufruire della prestazione dovrà formulare la richiesta del rimborso all’operatore turistico allegando, oltre alla copia del contratto e/o del titolo di viaggio la documentazione che attesta l’impedimento da COVID-19. La Legge prevede che l’operatore deve provvedere a corrispondere il rimborso ovvero ad emettere il voucher non oltre sessanta giorni dalla data prevista di inizio del viaggio.

Nel secondo caso invece per effettuare la richiesta di rimborso dovremo attendere la comunicazione dell’operatore che ci comunica la cancellazione del viaggio. La Legge non definisce i termini per l’emissione del rimborso /voucher ma per analogia si dovrebbe ritenere applicabile lo stesso termine previsto nel primo caso.

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Buono Spesa Covid-19: spetta anche allo straniero irregolare.

Lo ha stabilito il Tribunale di Roma con il decreto 21.4.2020 n. 12835 che, richiamata l’ordinanza 658 / 2020 del Capo Dipartimento Protezione Civile con cui si assegnava ai Comuni italiani un contributo di 400 milioni di Euro per misure di solidarietà alimentare, ha affermato come non possono essere poste dai Comuni tra i requisiti per l’accesso al beneficio del buono spesa condizioni, come la residenza, che non sono previste dalla norma che lo ha previsto.
Per individuare il legame con il territorio del Comune tenuto alla erogazione può essere sufficiente la abituale dimora dell’avente diritto.

Il buono spesa infatti cerca di far fronte alla situazione di grave indigenza nella quale si sono trovati i soggetti più vulnerabili.

Il diritto alla alimentazione rientra nel nucleo insopprimibile di diritti fondamentali che spettano necessariamente a tutti gli individui.
Lo straniero gode nel nostro paese di tutti i diritti fondamentali e riconducibili al nucleo irriducibile della persona umana.

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UNO STRANO E SURREALE 25 APRILE

Un amico giorni fa mi ha detto: “il 3 maggio apriranno tutto perché secondo la Costituzione finisce il tempo massimo della durata dello stato di emergenza”.

Ma la Costituzione non prevede in verità alcun articolo a disciplinare lo “stato di emergenza o d’eccezione” per situazioni interne che non si riferiscono all’emergenza bellica internazionale (art. 78 Cost. Stato di Guerra). Peraltro, i lavori dell’Assemblea Costituente testimoniano che la questione fu oggetto di discussione ma -fortunatamente- non trovò seguito. Ci fu chi argomentò come la sospensione delle Libertà Costituzionali in altre situazioni sarebbe equivalsa a sospendere la stessa idea di democrazia.

La decretazione di urgenza COVID dell’esecutivo si fonda sulla Legge 225 /1992 istitutiva del Servizio Nazionale della Protezione Civile che all’art. 5 comma 1 bis prevede che “la durata della dichiarazione dello stato di emergenza non può superare i 180 giorni, prorogabile ancora per non più di ulteriori 180 giorni”.

Quindi considerato che in Italia il Presidente Conte ha dichiarato lo stato di emergenza il giorno dopo l’annuncio del 30.1.2020 dell’O.M.S di “emergenza sanitaria globale”, potremmo averne ancora per un bel po’…

Mi rassicura però che nella gestione di questa emergenza sono stati messi in campo strumenti di soft law e in particolare la cd. moral suasion. Si è fatto leva cioè sulla forza morale della democrazia, che non è solo il diritto di avere diritti ma, in virtù del principio di solidarietà di cui all’art. 2 Costituzione, è anche il dovere di avere doveri.

Buon 25 aprile a tutti

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Coronavirus: Sono possibili gli spostamenti per raggiungere i figli minori

Coronavirus: è sempre permesso lo spostamento per raggiungere i figli minori che si trovano a casa dell’altro genitore secondo le modalità di visita previste dagli accordi.

A fronte di diverse pronunce giurisprudenziali di questo periodo sul diritto di visita dei figli di genitori separati in tempi di coronavirus, merita un applauso il Tribunale di Milano che con il decreto dell’11 marzo 2020 ha chiarito che le disposizioni del DPCM 8 marzo 2020 non impediscono al genitore di spostarsi per raggiungere i figli minori che si trovano a casa dell’altro genitore.

Afferma il Tribunale che “anche le FAQ diramate dalla Presidenza del CDM in data 10.3.2020 indicano al punto 13 che gli spostamenti per raggiungere i figli minori presso l’altro genitore o presso l’affidatario sono sempre consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione e divorzio”.

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