A ᴄᴏsᴀ sᴇʀᴠᴇ ʟᴀ ᴅᴏᴍᴀɴᴅᴀ ᴅɪ ᴀᴅᴅᴇʙɪᴛᴏ ɴᴇʟʟᴀ sᴇᴘᴀʀᴀᴢɪᴏɴᴇ?

Questa settimana mi ha particolarmente incuriosito una pronuncia del Tribunale di Ravenna pubblicata il 23.4.2020 emessa in una causa di separazione iniziata nel 2016 .

Con questa pronuncia il Tribunale ha dichiarato l’addebito della separazione ad entrambi i coniugi in quanto, secondo la valutazione del Giudice, l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza era addebitabile in via autonoma a condotte contrarie ai doveri derivanti dal matrimonio poste in essere da ciascuno dei coniugi.

L’istruttoria, piuttosto complessa a leggere il provvedimento, aveva provato che uno dei due coniugi aveva la mania del controllo (che aveva messo in atto con pratiche non proprio consone). L’altro coniuge, invece (che non era riuscito a dare la prova che la vita matrimoniale, dopo tali comportamenti dell’altro fosse divenuta solamente formale) aveva intrapreso relazioni extra coniugali con condotte ripetute e lesive della dignità dell’altro.

Il Tribunale ha dunque ravvisato nei comportamenti dei coniugi concausa alla fine del matrimonio (leggi sentenza).

La causa, in cui comunque si discuteva anche dell’affidamento dei figli, è durata comunque almeno 4 anni.

Ora l’art. 151 del codice civile prevede che “il giudice pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio”.

Si tratta precisamente ai sensi dell’art. 143 cc dei doveri di: assistenza morale e materiale, fedeltà, collaborazione nell’interesse della famiglia e coabitazione.

Cosa occorre dimostrare in giudizio:

Il comportamento contrario ai doveri coniugali.

Che detto comportamento sia stato la causa della intollerabilità della prosecuzione della convivenza matrimoniale.

Dunque, la richiesta di addebito della separazione non può trovare accoglimento nell’ipotesi in cui il rapporto coniugale risulti già compromesso per qualche altro motivo.

Risulta piuttosto evidente che questo tipo di accertamento comporta che tribunali, avvocati, testimoni si interessino necessariamente a ciò che è avvenuto tra le mura domestiche.

Con allungamento del giudizio e dei costi.

Pertanto prima di decidere in relazione alla proposizione di tale tipo di domanda, che espone anche al rischio di condanna alle spese in caso di rigetto, sarebbe opportuno domandarsi dal punto di vista patrimoniale quali sarebbero nel caso concreto i vantaggi del suo accoglimento.

Le conseguenze della pronuncia dell’addebito.

Nella separazione

L’art. 156 cc prevede che il coniuge al quale sia stata addebitata la separazione non ha diritto ad alcun assegno di mantenimento ma solo il diritto agli alimenti qualora ve ne siano i presupposti.

Inoltre, il coniuge al quale sia stata addebitata la separazione non ha diritti successori nei confronti dell’altro coniuge ma può avere diritto ad un assegno vitalizio a carico dell’eredità, se al momento della apertura della successione godeva degli alimenti legali a carico dell’altro coniuge.

Va tenuta in considerazione la circostanza che oggi i tempi della separazione sono ben più brevi di un tempo, laddove oggi è possibile fare domanda di divorzio dopo un anno dalla comparizione dei coniugi davanti al Presidente del Tribunale in caso di separazione contenziosa.

Quali conseguenze sul riconoscimento dell’assegno divorzile

In estrema sintesi, si può dire che l’assegno di separazione e quello di divorzio sono autonomi e si fondano su diversi presupposti. Dunque, la dichiarazione di addebito della separazione non esclude di per sè il riconoscimento dell’assegno divorzile, ma eventualmente può incidere insieme agli altri parametri di legge nella sua determinazione (laddove uno dei parametri per la quantificazione dell’assegno è proprio quello delle ragioni della decisione, inteso come rilevanza delle condotte dell’uno o dell’altro nella dissoluzione del matrimonio).

La mancata richiesta dell’addebito della separazione non esclude la possibilità di procedere in presenza di gravi violazioni dei doveri coniugali con azione di risarcimento del danno endofamigliare

La famiglia non è più considerata come una istituzione portatrice di interessi prevalenti rispetto a quelli dei singoli e sono dunque azionabili forme di tutela risarcitoria nei confronti della condotta illecita di uno dei coniugi il cui status non può certo comportarne l’irrilevanza.

La responsabilità sorge quando la violazione dei doveri coniugali si contraddistingue (tristemente) per la sua intrinseca gravità, come violazione di diritti fondamentali inerenti alla persona.

Il rimedio risarcitorio e l’addebito della separazione sono strumenti tra loro autonomi e non sono tra loro in rapporto di pregiudizialità: questo significa che il rigetto o la scelta di non azionare uno  dei due rimedi non ha riflessi sull’altro.  

Cosa è necessario provare in giudizio:

Naturalmente il fatto lesivo, l’esistenza di un danno e il rapporto causale tra fatto lesivo e danno.

Leggi la sentenza.

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